CONTINUUM

Il concetto di Continuum

Il 6 aprile 2009 ha spaccato la vita degli aquilani in un prima e un dopo. Il tempo di vita degli abitanti, però, non è il tempo di vita della città. L’Aquila vive infatti un continuum temporale scandito dai secoli, segnato da rigenerazioni, catastrofi e ricostruzioni. Un continuum temporale che spesso sfugge agli abitanti, rimane loro inafferrabile; anche quando la storia nuda della città ferita sta sotto i loro occhi per anni. Vicoli, chiese, piazze e palazzi parlano per Lei, raccontano la sua vita, le stratificazioni del suo tempo continuo. A chi attraversa e vive la città ha l’occasione preziosa di ascoltare questa storia e di accedere così in una dimensione temporale altra, in un continuum identitario che, forse, può aiutare anche a ricucire la spaccatura negli animi: il prima e il dopo.

Alessandro Chiappanuvoli

La mostra fotografica

Continuum è la mostra fotografica voluta dai consulenti finanziari della provincia dell’Aquila di Fideuram – Intesa Sanpaolo Private Banking, il cui obiettivo è consolidare il legame tra il Gruppo Sanpaolo e la città dell’Aquila. Aprendo alla cittadinanza i nuovi spazi in Corso Vittorio Emanuele 59, dove il Gruppo risiede dal 2021, l’ambizione dei consulenti Fideuram è far diventare i locali storici a loro disposizione un contenitore culturale per dare visibilità agli artisti del territorio.

La mostra Continuum ospita gli scatti dei fotografi aquilani Claudio Cerasoli e Antonio Di Cecco. È realizzata in collaborazione con Te.Co – Territorio & comunità ETS, la curatela è della casa editrice RVM HUB, il visual design di VISIVE.

Le fotografie di Antonio Di Cecco e Claudio Cerasoli dialogano tra loro e con gli spazi; i punti di vista che cambiano in un movimento sinusoidale e raffigurano tetti e panorami, dando aria e respiro, così come seguono i fili di una ricostruzione ancora in corso d’opera; che conducono a un lato più oscuro e misterioso, delimitato da barriere, finestre sbarrate e angoli che portano verso l’ignoto.

La città quindi perde la sua familiarità e si mostra attraverso gli scatti di due flâneurs capaci non solo con la tecnica ma anche con “l’occhio interiore” di abbandonarsi al movimento del costruito e non ancora ricostruito; dei luoghi chiaramente abitati e da altri che dialogano con quel lontano 2009, nel tempo dell’attesa.

Il movimento e il rallentamento, l’attesa e l’operosità: parliamo della ricostruzione ma parliamo della vita di ogni uomo, della vita di una città che con la ciclicità del tempo ha imparato a convivere e rivivere e che sta – forse – scoprendo che non esiste un vero “prima e un dopo” nello sguardo dei secoli. Esiste un tornare cenere e tornare viva, Fenice più che Aquila. Lo si scopre nei muri dei palazzi che parlano di sedimentazioni, lo si scorge nelle pietre, nei campanili che raccontano di chi li ha ri-costruiti, prima di noi.